Nel mondo digitale, il termine della vita di un formato, di un sistema operativo o di un software, coincide con la decisione degli sviluppatori di metterlo da parte, cessando di svilupparlo e perfezionarlo.
Beh, ciò che è successo all’MP3, l’illustre formato audio che fa rivoluzionato il mondo musicale, è proprio questo. Ciò non sta assolutamente a significare che il suo utilizzo sia concluso, anzi, l’MP3 è ancora vivo e vegeto e pienamente supportato ancora da tutti i lettori in circolazione.
Al passo con i tempi
Il Fraunhofer Institute for Integrated Circuits (creatore del formato MP3), ha dichiarato nel mese di aprile di cessare definitivamente il progetto Moving Picture Expert Group-1/2 Audio Layer 3.
Purtroppo questo è ciò che accade con tutte le tecnologie, prima o poi viene archiviato uno standard perché divenuto troppo vecchio per riuscire a stare al passo con i tempi, è il normale ciclo delle cose e va accettato così com’è.
Certo nulla impedisce di continuare ad utilizzare l’MP3 senza la minima difficoltà, i cambiamenti inizieranno ad avvertirsi per lo più nel medio lungo termine, quando il numero dei dispositivi che supporteranno ancora il Moving Picture 3 sarà indubbiamente minore.
Se ci pensiamo bene, questa è una transizione innegabilmente già vista e rivista, basta pensare a quando le videocassette subentrarono ai dischi in vinile, lasciando a loro volta, qualche anno più tardi, spazio ai CD.
La nascita di un mito
Il formato MP3 (Moving Picture 3) nasce intorno agli anni 80, trovando poi la sua reale applicazione tra il 1990 ed il 2000.
Questo formato ha reso possibile la compressione e la conseguente diminuzione di peso dei file audio, permettendone così un’agevole trasmissione online.
Essendo un formato compresso, ha naturalmente richiesto l’accettazione di alcuni compromessi soprattutto a livello qualitativo, in quanto più la dimensione del brano diminuisce, maggiori sono le rinunce in termini di qualità che dobbiamo sopportare.
Con l’ingresso di Internet nell’uso quotidiano, il formato MP3 è diventato presto il portabandiera della rivoluzione digitale e, nonostante i limiti di velocità di quei tempi, tale innovazione portò allo sviluppo dei famosi software per la condivisione online, incentrati principalmente sullo scambio di musica come Napster, WinMX o KaZaA.
Fu allora che iniziarono i conflitti tra Major Discografiche ed Internet, messo alla gogna come principale mezzo per la violazione dei diritti d’autore degli artisti.
L’inizio della rivoluzione
Una volta smantellati a colpi di azioni legali milionarie i principali programmi per la diffusione di MP3 pirata, nacquero le prime soluzioni legali a pagamento, tra cui iTunes di Apple.
A quel punto, se già l’industria del supporto analogico aveva subito un duro colpo da Napster & Co, con iTunes arrivò la mazzata finale. Era finalmente possibile acquistare legalmente qualunque brano o album senza mettere piede fuori di casa e con tutta la la comodità di ascoltarli su PC e lettori portatili.
Fu così che iniziò il declino dei CD, sostituiti sempre di più dai nuovo formati digitali che, grazie ad Internet, erano ormai diventati l’emblema della musica a portata di tutti.
La fine di un’era
Come accade nella maggior parte delle rivoluzioni, la fama e l’entusiasmo della novità annebbiano un po’ anche i punti deboli. Il formato MP3, infatti, non è mai stato perfetto, ed i veri amanti della musica nel pieno delle sue sfumature non lo ha mai realmente digerito.
La compressione attuata ha spinto il nostro udito ad adeguarsi a forme di ascolto imperfette, abituandoci così a far meno della purezza a vantaggio esclusivo della praticità.
È sufficiente ascoltare lo stesso brano, prima in formato MP3 e poi nel moderno AAC (Advanced Audio Coding), per rendersi immediatamente conto delle enormi differenze. Dopo aver trascorso oltre vent’anni a calcare le scene, anche l’MP3 lascia quindi spazio ai successori.
Lossy e Lossless
AAC, come anticipato, è considerato l’evoluzione dell’MP3 ma, pur riprendendone i principi di compressione a favore di un minor peso, non incide allo stesso modo sulle caratteristiche. Basta pensare che, a pari qualità, AAC è in grado di diminuire le dimensioni dei file del 33% in più.
Esiste poi anche l’AAC+, un ulteriore miglioramento in grado di garantire qualità di circa quattro volte superiori rispetto allo stesso standard AAC.
Ma oltre ai formati di compressione Lossy (MP3 e AAC), esistono anche quello Lossless, sempre compressi, ma senza alcuna perdita di qualità. Tra questi possiamo trovare l’Apple Lossless Encoding ed il Free Lossless Audio Codec (FLAC). Il primo proprietario, mentre il secondo libero e sviluppato da un’organizzazione no profit chiamata Xiph.Org Foundation.
E voi cosa ne pensate di questo addio al formato MP3? Fatecelo sapere e non dimenticate di iscrivervi alla nostra Newsletter (form sul fondo) o al nostro Feed RSS per rimanere sempre aggiornati sugli ultimi articoli pubblicati.
TI E’ PIACIUTO L’ARTICOLO?
SE NON LO HAI GIÀ’ FATTO, AIUTACI A CONDIVIDERLO CON I TUOI AMICI
TI BASTA UN PICCOLO CLICK 😉